sabato 8 agosto 2015

L’internazionalizzazione del calcio italiano

di Francesco Pirone

Shanghai 2015. Mancano poche ore all’inizio della partita di Supercoppa TIM 2015. Juventus e Lazio si affrontano per aggiudicarsi la 28a edizione del trofeo. Giocano in campo internazionale nello stadio di Shanghai, in Cina, il più grande impianto dopo quello di Pechino, con una capienza ufficiale di 80mila posti a sedere. Gli organizzatori sperano nel sold out o almeno di ripetere il risultato dell’edizione 2012, quando a Pechino circa 60mila spettatori assistettero alla partita tra Juventus e Napoli.
Si gioca in Cina per onorare l’accordo che la Lega Serie A ha siglato nel 2011 con la società organizzatrice cinese United Vansen International Sports (UVIS) che prevedeva di giocare in Cina tre edizioni della coppa entro il 2015 per una contropartita economica di circa 10 milioni di euro: così dopo Pechino 2011 e 2012, siamo oggi a Shanghai 2015. L’accordo del 2011 arrivò dopo il successo della finale Inter-Lazio del 2009 che portò a un incasso da botteghino record: ben 7 milioni di euro. Più in generale, però, la scelta di collaborazione tra la Lega Serie A e la UVIS cinese rientra nella più ampia strategia di internazionalizzazione del calcio italiano per conquistare nuovo pubblico, soprattutto nei mercati emergenti e recuperare il divario con le altre grandi leghe europee, prima fra tutte la Premier League.
Gli inglesi prima degli altri hanno puntato su una strategia di crescita fortemente orientata all’internazionalizzazione del loro campionato, allargando lo spettacolo calcistico televisivo su scala globale e superando così i vincoli di saturazione imposti dal mercato domestico. Per questo il calcio inglese ha già acquisito un vantaggio competitivo nei mercati emergenti: l’audience nel calcio inglese è in progressiva crescita e già nel 2011 aveva raggiunto circa 4,7 miliardi di telespettatori nel mondo. Con l’audience cresce anche il valore delle sponsorizzazioni e dei diritti tv e, infatti, la Premier League ha aumentato i ricavi dalla vendita dei diritti tv internazionali passando dai 108 milioni di sterline all’anno nel triennio 2004-2007, ai 479 milioni di sterline all’anno per il triennio 2010-2013 che sono poi saliti a 665 milioni nel triennio successivo. Per comprendere il vantaggio acquisito dal calcio inglese, basti pensare che i diritti tv internazionali contrattati dalla Lega Calcio per la Serie A per il periodo 2012-2015 ammontano nell’insieme a 117 milioni di euro a stagione, acquistati dalla londinese MP & Silva.
L’investimento sul calcio cinese più che una scelta è una necessità per tenere il calcio italiano di vertice agganciato alle altre grandi realtà europee. I tifosi italiani non saranno contenti, almeno tutti quelli che non hanno avuto la possibilità economica di seguire la loro squadra fino in Cina, ma la diffusione del calcio nei paesi emergenti consente di estendere il bacino di pubblico e anche di attrarre nuovi, potenti, sponsor che sono impegnati a penetrare il mercato cinese. Una sfida tutta da giocare, visto che il movimento calcistico cinese è ancora di (relative) ridotte dimensioni, ma cresce raddoppiando ogni anno il valore economico prodotto e così rende disponibili nuove opportunità economiche inimmaginabili in Europa. In questa direzione va sicuramente sostenuto il rapporto di collaborazione collettiva tra la Lega Serie A e la Chinese Football Association Super League che può rappresentare il canale privilegiato per i club, i calciatori, i tecnici e gli operatori economici per presentarsi sul mercato cinese.